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La tecnica dell'EMDR è efficace anche per i traumi subiti dai bambini in età precoce?

L’EMDR può essere utilizzata con esiti positivi anche nel trattamento di disturbi che sviluppano i bambini esposti a eventi traumatici; il protocollo standard viene modificato inserendo al suo interno momenti di gioco interattivo o il disegno.

I bambini esposti ad un trauma o ad un lutto possono presentare sogni angoscianti o riattualizzare nel gioco ricordi spaventosi relativi agli episodi traumatici.

In alcune situazioni il bambino potrebbe anche comportarsi come se stesse rivivendo nuovamente l’evento negativo. Come conseguenza del trauma potrebbero presentarsi  dei ritardi o delle alterazioni nello sviluppo e nel linguaggio. Dopo essere stati esposti ad uno o più episodi traumatici i minori a volte sviluppano altri disturbi quali depressione, ansia generalizzata, fobie specifiche, ansia da separazione ecc. 

 

L’EMDR con bambini sarebbe più efficace di altre terapie classiche, nella risoluzione del disagio psicologico legato all’evento traumatico durante l’infanzia e in alcuni casi, il trattamento porta più velocemente a benefici rispetto allo stesso trattamento utilizzato nell’adulto. 

Dall'evitamento e dalla svalutazione come strategie di sopravvivenza alla possibilità di promuovere l'empatia verso di sè

 

 

 

 

 

 

Alcune persone possono essere inclini alla svalutazione, alla razionalizzazione e alla banalizzazione. Si tratta di risorse di sopravvivenza che si sono rivelate molto utili in passato ma che essendo collegate a periodi critici non elaborati tendono ad essere utilizzate in modo eccessivo, inadeguato e fuori contesto.

Persone provviste di un alto livello di autocritica nel momento in cui cercano di autorassicurarsi ed essere compassionevoli verso di sè possono sentirsi come minacciate (Gilbert 2010).

Un modo per entrare in contatto con parti infantili di sè  è quello di portare in terapia fotografie  che rappresentano la sua storia o che includano persone  o momenti particolarmente significativi. Osservarsi dall'esterno, vedere il proprio volto triste possono aiutare la persona ad accogliere sentimenti teneri e compassionevoli verso di sè. (Giannantonio 2014)

Regolazione emotiva: 

quale strategia è utile?

Per regolazione emotiva si intende la capacità di far fronte, monitorare e gestire le proprie esperienze emotive, è un processo consapevole o inconsapevole che influenza quali emozioni provare, quando provarle e come e se esprimerle. La regolazione delle emozioni, implicita o esplicita, implica una scelta da parte del soggetto della strategia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

da adottare, in funzione della natura e della intensità della situazione attivante, della disponibilità delle proprie risorse psichiche, della qualità dei propri interessi e scopi e del contesto di riferimento.

Studi recenti suggeriscono che il buon adattamento della persona non sia in funzione dell'una o dell'altra strategia ma piuttosto dell'uso flessibile di esse.

Strategie quali la soppressione dell'emozione, pur dimostrandosi utile in alcune circostanze, come ad esempio nel controllo e nella gestione della rabbia, se utilizzate in modo rigido e pervasivo conducono a serie e drammatiche conseguenze per la salute fisica e mentale del soggetto.

Le difficoltà nella regolazione delle emozioni hanno un ruolo cruciale in molte forme di psicopatologia; gran parte dei disturbi psicologici si caratterizzano per la presenza di risposte emotive inappropriate.

Strategie di regolazione maladattive (ruminazione, soppressione e evitamento) sono più fortemente associate con la psicopatalogia rispetto alle strategie adattive (problem-solving, rivalutazione cognitiva e accettazione).

Un ruolo cruciale  sembra svolto dalla desiderabilità sociale, cioè quanto il gruppo di appartenenza ritiene accettabile l'espressione di una determinata emozione. In particolare le aspettative degli altri guidano e indirizzano il comportamento sociale.

Infertilità: quali sono gli aspetti psicologici?

L'International Council on Infertility Information Dissemination considera una coppia sterile se non c'è stato concepimento dopo un anno di rapporti non protetti, o dopo sei mesi per donne oltre i 35 anni. L'infertilità primaria fa riferimento a coppie che, dopo circa due anni di rapporti regolari e non protetti, non sono in grado di concepire; l'infertilità secondaria, invece, si riferisce a coppie che hanno già concepito figli, ma non riescono a concepirne altri.
L'infertilità femminile può essere legata all'età della donna (invecchiano i gameti femminili, gli ovociti e aumentano i rischi di malattie), l'infertilità maschile può essere riconducibile a cause pretesticolari, testicolari e posttesticolari.
Fattori sociali come lo stile di vita, la ricerca del primo figlio in età tardiva, le condizioni lavorative, l'inquinamento, problemi di peso (obesità o eccessiva magrezza), infezioni, l'abuso di droghe e alcool, l'uso di steroidi anabolizzanti e il fumo eserciterebbero un ruolo significativo.
L'infertilità viene considerata come uno stressor cronico, incontrollabile che può determinare effetti negativi su entrambi i partners della coppia investendo la loro vita emotiva, sociale e relazionale.
L'impiego di strategie di coping attive è associato a livelli più bassi di severità del dolore, di depressione e di disabilità funzionale, rispetto all'impiego di strategie passive. Quando la coppia si sottopone ad una terapia di gruppo o individuale c'è una diminuzione dell'ansia e una notevole riduzione dei sintomi depressivi.
La componente psicologica può incidere sulla fertilità con meccanismi diversi: attravesro il sistema neurovegetativo e neuroendocrino, creando disfunzioni acute e croniche.
Un ruolo non trascurabile giocano le disfunzioni psicosessuali come l'impotenza e il vaginismo.
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